Stringendo l’imbracatura e controllando che l’attrezzatura fosse a posto, strinsi le redini tra le mani. La creatura alata fece un balzo, si contorse e si dimenò, cercando di liberarsi dalle pastoie e lanciarmi nell’abisso. I miei custodi, uno per parte, riuscirono a contenere la sua furia, ma ci vollero tutta la loro abilità e la loro forza per impedirgli di sollevarmi in volo e trascinarmi nel suo covo.

La voce alla radio mi riportò alla realtà. «Mani indietro, palme in alto; piegati in avanti, guarda davanti a te e mettiti in posizione di lancio!» Era Avi, il nostro istruttore, il maestro deciso ad aiutarci a sfidare la gravità e levarci in volo – e soprattutto ad atterrare sani e salvi. «Lanciarsi è una scelta, atterrare no», era un suo detto favorito. Rassicurai me stesso che tutto andava bene, ricordando lo stato di servizio impeccabile degli istruttori.

Era l’ultimo giorno del nostro corso di parapendio. Tutte le nozioni di spinta, resistenza aerodinamica e attacco che avevamo imparato sarebbero state inutili se non mi fossi lanciato da questa collina. Stai calmo e segui le istruzioni! – mi ripetevo come un mantra.

Mentre mi preparavo per il lancio, un’aquila passò sopra di noi, volando in cerchio senza sforzo. Muoveva appena le ali, trasportata da una corrente termica. Pensai al versetto: «Si alzano a volo come aquile».[Isaia 40,31.]

La radio crepitò di nuovo. «Sei pronto?»

Feci cenno di sì e respirai a fondo, cercando di non cadere nel panico. Cosa ci aveva detto Avi? «Il panico viene un passo prima degli incidenti. Quando ti senti nel panico, il subconscio prende il sopravvento e ti fa commettere errori».

Mani indietro. Il paracadute colse il vento, si gonfiò e mi trascinò verso l’alto. Mi piegai in avanti e guardai in su. Adesso c’ero dentro e non potevo tornare indietro. Sapevo che il passo successivo era correre. Come nella vita, se ci manca l’energia per avanzare verso i nostri obiettivi, le circostanze lavoreranno contro di noi. Se avessi perso velocità, il parapendio avrebbe cominciato a volare lateralmente. Dovevo dirgli cosa volevo che facesse. Vola! Fammi atterrare senza problemi!

«Corri!»

Due passi ed ero in volo. Era più facile di quanto avessi pensato, più simile a uno skilift che a un aereo. Volavo in alto, godendomi la vista favolosa dei monti azzurri sopra un lago cristallino. Tirai leggermente il freno per girare a destra. Mi ubbidì, poi a sinistra e di nuovo a destra, poi si abbassò per l’atterraggio — non dolcemente come speravo, ma neanche troppo rudemente, per essere la prima volta.

Cominciai ad analizzare il mio atterraggio e dissi ad Avi che la prossima volta avrei fatto meglio. «Non essere duro con te stesso», mi rimproverò, «tutti gli atterraggi sicuri sono un successo».

Tutti applaudirono. Lo feci anch’io. Diventati un «gruppo di fratelli», festeggiammo ogni persona man mano che atterrava, accomunati dall’aver affrontato e superato le nostre paure.

Dopo aver assaporato il momento, mi fermai a parlare con gli istruttori, fondatori di una scuola di parapendio in India.

Avi, l’istruttore capo, e sua moglie Anita avevano rinunciato entrambi a posizioni aziendali ben rimunerate per seguire i loro sogni, e all’inizio non era stato facile. Chiesi ad Anita quali fossero secondo lei i fattori principali del successo della loro impresa.

«Abbiamo bruciato i ponti alle nostre spalle. L’insuccesso non era contemplato. Era questione di ‘o la va o la spacca’. E non eravamo interessati a spaccarci».

Avevano dovuto sgobbare per diversi anni, viaggiando per fare presentazioni in riunioni aziendali o dovunque potessero prendere appuntamento. Alcune persone coraggiose ci provarono, la notizia si diffuse e adesso organizzavano voli quasi tutti i giorni.

Scoprii che questi imprenditori avevano anche un lato profondamente spirituale. Non era solo una spinta adrenalinica o un’avventura commerciale rischiosa. Per loro era un volo interiore e volevano condividerlo con altri.

«Il parapendio è come la vita», mi disse Avi. «Dobbiamo superare le difficoltà e affrontare le sfide. Anche se possiamo avere l’aiuto di altri, alla fine dobbiamo andare avanti da soli. Dobbiamo affrontare le nostre paure, lasciarci alle spalle i dubbi e volare!»

*  *  *

[Gesù] riassunse tutto in un unico messaggio di conforto eterno dato ai discepoli sul mare di Galilea: « Coraggio, sono Io; non abbiate paura!»[Matteo 14,27 NR.] Egli è l’antidoto della paura; è la medicina contro i guai; è la sostanza e il totale della salvezza. Per questo dovremmo volare al di sopra della paura. Manteniamo lo sguardo puntato su di Lui; dimoriamo continuamente in Lui; restiamo contenti di Lui. Stringiamoci a Lui e diciamo a gran voce: «Perciò non temeremo, anche se la terra si dovesse spostare e se i monti fossero gettati nel mezzo del mare».[Salmi 46,2.] — A. B. Simpson (1843–1919)