La notte della nascita di Gesù, sulle colline intorno a Betlemme i pastori vegliavano sulle loro greggi. Improvvisamente apparve loro un angelo del Signore e la gloria di Dio — la sua luce e il suo splendore — brillarono su di loro. L’angelo disse loro di non temere, perché portava una buona notizia. Poi rivelò che quella notte nella città di Davide era nato un Salvatore, Cristo il Signore. Come segno avrebbero trovato un bambino avvolto in fasce che giaceva in una mangiatoia (Luca 2:8–15).
Subito dopo questo annuncio stupefacente, apparve in cielo una moltitudine delle schiere celesti che lodava Dio e proclamava: «Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini ch’egli gradisce» (Luca 2:13-14). Quando la luce della gloria di Dio, l’angelo e la moltitudine celeste svanirono, i pastori decisero di andare immediatamente a Betlemme per vedere ciò di cui Dio aveva parlato.
Dalle opere ebraiche risulta che i pastori e i mandriani avevano una posizione sociale infima nell’Israele del primo secolo. Ciò era dovuto in parte al fatto che erano sempre nei campi e non erano in grado di rispettare tutte le regole religiose, e anche perché conducevano le pecore a pascolare sui terreni altrui senza permesso. Considerando tutto questo, l’annuncio diventa ancora più interessante, perché era stato fatto a pastori, che in un certo senso erano anche degli emarginati.
A Betlemme i pastori trovarono Maria, Giuseppe e il bambino come aveva detto l’angelo. Trovare Gesù coricato in una mangiatoia e avvolto in fasce nella stanza principale di una casa di contadini, con gli animali nella zona della stalla, non sarebbe stata una cosa insolita per loro, dato che probabilmente i loro figli erano stati avvolti in fasce allo stesso modo, perché quella era l’usanza. Coricare un bambino in una mangiatoia probabilmente non rientrava nella normalità, ma era una soluzione pratica, visto l’affollamento dell’alloggio.
Ciò che sarebbe stato straordinario per loro era che in un villaggio, dentro una casa simile alla loro, potessero trovare un bambino la cui nascita era stata annunciata da un angelo accompagnato dalle schiere celesti. I pastori erano gente umile e povera, ma quella notte scoprirono che il Messia, il Salvatore del mondo, era nato povero, un campagnolo come loro.
Il Vangelo di Luca dice che i pastori se ne andarono «glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto» e raccontarono agli altri quello che era stato annunziato a loro (Luca 2:17-20). Gesù era venuto per i poveri e i bisognosi, gli umili e gli oppressi, non solo per le persone di alto livello sociale e di buona reputazione. Il messaggio era che tutti sono bene accolti e che la salvezza è per tutti.
Il Vangelo di Matteo parla della visita dei Magi, venuti dall’oriente dopo aver visto una stella speciale che avevano interpretato come il segno che sarebbe nato un re dei Giudei. Arrivarono a Gerusalemme in cerca di questo re e subito cominciarono a informarsi dove fosse questo bimbo destinato alla regalità, per potergli rendere omaggio (Matteo 2:1-2).
Quando il re Erode sentì questo, si turbò, perché la nascita di un nuovo re poteva rappresentare una minaccia per il suo dominio. Radunò i sommi sacerdoti e gli scribi per scoprire dove sarebbe nato quel bambino e gli fu detto che secondo le Scritture la nascita sarebbe avvenuta a Betlemme. Anche se i capi religiosi sapevano che le Scritture indicavano il luogo in cui sarebbe nato il Messia, non avevano idea che fosse già nato. Sebbene Betlemme fosse a meno di dieci chilometri da Gerusalemme, non c’è alcun riferimento che qualcuno tra i capi religiosi fosse andato a vedere il bambino.
Erode incontrò segretamente i Magi per scoprire quando avevano visto la stella (apparentemente due anni prima). Dopo aver ottenuto questa informazione, li mandò a Betlemme, chiedendo di riferirgli dove fosse il bambino, così da poter andare anche lui a rendergli omaggio (Matteo 1:3-8). I Magi lasciarono Gerusalemme, trovarono Gesù e la sua famiglia, s’inchinarono davanti a Lui e gli resero omaggio, offrendogli in dono oro, incenso e mirra (Matteo 1:9-11).
Dopo aver trovato il re appena nato, i Magi ricevettero in sogno le istruzioni di non tornare da Erode e ubbidirono. Quando Erode scoprì che avevano lasciato il paese senza dirgli dove trovare il bambino, s’infuriò. Ordinò ai suoi soldati di uccidere tutti i bambini maschi dai due anni in giù a Betlemme e nella zona circostante, nella speranza di eliminare qualsiasi minaccia al suo trono.
Oltre a narrare gli avvenimenti, che cosa cerca di comunicare Matteo in questa parte del suo racconto? Erode e i capi religiosi a Gerusalemme ignoravano che il Re promesso fosse nato; ciò dimostra che Dio non aveva dato alcun segno ai capi religiosi e politici. Al contrario, i Magi, nonostante non fossero ebrei, avevano individuato un segno nella natura, nella stella, e avevano reagito andando a cercare il re appena nato. Finirono per trovare il Salvatore e lo adorarono. Matteo voleva indicare che la salvezza promessa da Dio non era riservata esclusivamente a Israele, ma era anche per i Gentili, cioè per tutti.
Luca racconta che otto giorni dopo la sua nascita i suoi genitori lo portarono al tempio a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Mentre erano là, furono visti da un vecchio ebreo devoto di nome Simeone, a cui Dio aveva detto che non sarebbe morto prima di vedere il Cristo, il Messia. Vedendo Gesù, lo prese in braccio e pregò: «Ora, Signore, lascia che il tuo servo muoia in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza che Tu hai preparato davanti a tutti i popoli; luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Luca 2:29–32).
La preghiera di Simeone parla di salvezza per tutti i popoli, sia gli Ebrei che i Gentili. Come per i Magi, il messaggio è che la salvezza è disponibile a tutti tramite Cristo; che il Figlio di Dio incarnato venne sulla terra per tutti.
Simeone poi li benedisse e profetizzò, dicendo a Maria: “[Questo bimbo] è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Luca 2:34–35). Dopo aver proclamato che la salvezza era destinata sia agli Ebrei che ai Gentili, Simeone profetizzò anche che Gesù sarebbe stato respinto da molti in Israele; alcuni avrebbero creduto e altri no. Ci sarebbe stata una divisione tra il popolo, mettendo in luce i pensieri di molti.
Nel Vangelo di Luca i pastori, persone tra le più umili nella società ebraica, sono testimoni dell’annuncio soprannaturale di un angelo e il bambino è figlio di gente di campagna, un segno chiaro che era venuto per la gente comune. C’è anche la profezia di un ebreo devoto, secondo la quale il Messia è per tutti, anche se sarà rigettato da alcuni. Nel Vangelo di Matteo, il segno del Salvatore, visibile nella natura, è seguito dai Magi, non-ebrei, che si presentano a Lui, indicando anche qui che la salvezza è per tutti.
Il messaggio costante nei racconti evangelici della nascita di Gesù — anzi, in tutto il testo dei Vangeli — è che Egli venne per l’umanità intera; che morì per la salvezza di tutti. «Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito, affinché chiunque creda in Lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Giovanni 3:16). Questa è la buona notizia del Natale. Questa è la notizia proclamata dagli angeli, il messaggio portato dalla stella che guidò i Magi, il messaggio dell’amore di Dio che ognuno di noi porta nel cuore ed è invitato a portare ad altri.