Teresa, la mia nipote diciottenne, era appena uscita per tornare a casa. Avevamo passato alcuni giorni insieme e mi ero sentita molto vicina a lei. Sua madre ha una disabilità progressiva molto debilitante; è costretta a letto e richiede molta assistenza. La malattia dura già da sei anni e ha gravato su tutta la famiglia. Provavo un grande dispiacere per tutti loro!
Prima che Teresa partisse, mentre leggevamo insieme un articolo che citava il versetto «gettando su di Lui ogni vostra preoccupazione, perché Egli ha cura di voi» (1 Pietro 5:7), mi è venuta in mente la curiosa immagine di Gesù con indosso un’uniforme sportiva e di me con in mano un pallone. Il pallone rappresentava le mie preoccupazioni. Ho avuto l’impressione che dovevo solo passare il pallone a Gesù e ci avrebbe pensato Lui. L’ho fatto e ho provato un grande sollievo. Solo Gesù può prendere quel pallone e tirarlo nel canestro per vincere.
L’ho raccontato a mia nipote. Le ho spiegato che può immaginare ogni membro della sua famiglia per cui si preoccupa come un pallone che può passare a Gesù, uno a uno. Pallone–mamma: a Gesù. Pallone–fratello: di nuovo a Gesù. Poi un altro pallone: il diploma delle superiori quest’anno e poi andare all’università: a Gesù.
Le ho spiegato che non c’è altro modo per portare continuamente il peso di tutta quella pressione e quello stress. Credo che l’abbia aiutata. Per fortuna ha un meraviglioso rapporto con Gesù, che, secondo me, è dovuto in parte alle difficoltà che sta affrontando.
Poi ho riflettuto sulla mia vita e ho cercato di applicare a me stessa questa lezione. Mia figlia e il suo futuro: un altro pallone. Ho immaginato di passarlo direttamente a Gesù: è affar suo. I miei rapporti, il mio lavoro, il mio gruppo di studi biblici, problemi continui o questioni irrisolte, tutti sono palloni. Mi sono ripetutamente concentrata su quell’immagine mentale: sto passando ogni pallone a Gesù.
Ho preso la decisione, con la grazia di Dio, che, quando proverò preoccupazioni, stress, pressione, sconforto, dolore, malattie, frustrazione o rabbia, farò lo sforzo consapevole di passare immediatamente il pallone a Gesù. Non voglio portare nessuno di quei pesi, nemmeno per un solo minuto! Non è un problema mio, ma suo, e Lui è molto più capace di me di gestirlo.
Come dice Rick Warren: «Un cristiano che si preoccupa è un ossimoro». Così rifiuto di preoccuparmi. E mi aspetto di vedere tutti i canestri che Gesù farà per me e per i miei cari!