Ho un ricordo indelebile della mia infanzia: un bambino che aveva circa la mia età e camminava con le stampelle. Ogni volta che faceva un passo con il piede destro, la gamba sinistra penzolava inerte alcuni centimetri sopra il terreno. Le sue scarpe erano diverse e quella sinistra era molto più piccola della destra. «Ha avuto la poliomielite» – mi spiegò mia madre, appena ci fummo allontanati – «La sua gamba ha smesso di crescere». «Si allungherà?» «No, il danno è permanente». M’immaginavo come doveva sentirsi quel bambino, sapendo che il suo corpo non sarebbe mai stato completamente sano.
La maggior parte di noi può ringraziare Dio per avere due gambe sane. Ci ha anche dato due pilastri fondamentali che sono ancora più importanti per il nostro benessere generale: «chi siamo» e «cosa facciamo», la nostra personalità e la nostra vocazione. Finché si basano sul fondamento giusto e si sviluppano allo stesso ritmo, la nostra vita ha simmetria ed equilibrio; ma se ci concentriamo su una a discapito dell’altra, perdiamo entrambe. Se, come spesso succede, è il «chi siamo» che viene trascurato, smettiamo di crescere emotivamente e spiritualmente come dovremmo.
Per fortuna, a differenza degli handicap fisici causati dalla polio e da altre malattie invalidanti, possiamo sempre darci da fare per ridare il giusto equilibrio alla nostra vita. Dio è sempre lieto di collaborare con noi a quel fine; anzi, vuole aiutarci a raggiungere il nostro pieno potenziale e diventare le persone che sa che possiamo essere.
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Le buone abitudini non iniziano quando compiamo gli anni, né un carattere cristiano a capodanno. La visione può nascere, il sogno può risvegliarsi, il cuore può fare un balzo di nuova ispirazione su qualche vetta montana, ma l’esame, il trionfo, è ai piedi della montagna, sulla pianura piatta. La fabbrica del carattere è la vita quotidiana. Le battaglie si vincono o si perdono nelle ore più tranquille e banali. —Maltbie Davenport Babcock