Ho una domanda da farti: come vivresti se sapessi che questo è il tuo ultimo giorno sulla terra?
È una domanda che viene posta in centinaia di libri motivanti, di seminari e lezioni. A volte è formulata in maniera diversa, ma il concetto è lo stesso: vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo. La sfortuna delle frasi ripetute spesso è che perdono in fretta il loro significato.
È anche una domanda difficile cui rispondere – almeno se non stai davvero per morire il giorno dopo. La maggior parte delle persone dice che userebbero l’ultimo giorno per fare qualcosa di buono. Si rimetterebbero in contatto con le persone che sono importanti per loro. Farebbero qualcosa per aiutare gli altri. Riparerebbero qualche torto. Perdonerebbero e chiederebbero perdono. Sembra che molti lo vedano come un giorno di redenzione, un giorno per rimediare a tutto ciò che hanno mancato di fare nella vita.
Il punto è vivere la vita in maniera tale da non avere bisogno di un ultimo giorno per rimediare alle cose. Facile a dirsi. Possiamo restare così coinvolti nelle faccende della vita che omettiamo di pensare alle cose importanti (e tanto meno di farle), le cose che danno importanza alla vita.
Come possiamo, allora, vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo? Possiamo imparare dalla vita di Gesù, come per tutto il resto, che cos’è che conta davvero nella vita di tutti i giorni.
Gesù era consapevole che il suo tempo sulla terra stava per concludersi. La sua missione sulla terra era quasi completa e sapeva che presto sarebbe stato tradito e giustiziato. Come visse, allora, le sue ultime ventiquattro ore?
Si comportò umilmente. Dedicò del tempo ai suoi discepoli, cenando con loro. Prima, però, lavò i piedi a ognuno di loro. Lavare i piedi era un compito normalmente riservato ai servi più umili. La gente indossava sandali e camminava su strade polverose o fangose, quindi i piedi erano generalmente sporchi. Gesù, però, dimostrò grande amore e umiltà nei confronti dei suoi discepoli, abbassandosi a lavargli i piedi. Divenne un servo (Giovanni 13:5).
Fu sottomesso e ubbidiente. Affrontò la prospettiva della tortura e della morte. La situazione era così difficile e Lui pregò così disperatamente che sudò sangue. Era certo che suo Padre sapesse cos’era meglio e disse: «Non sia fatta la mia volontà, ma la tua» (Luca 22:41-44).
Amò senza condizioni. Fu tradito, ma non reagì. Fu maltrattato, tuttavia non si arrabbiò. Le persone a Lui vicine gli voltarono le spalle, ma non reagì con rabbia. Fu accusato falsamente e umiliato, ma trattenne la lingua (Luca 22:45-71).
Fu onesto. Quando lo condussero davanti ai suoi giudici – prima il Sinedrio e poi Pilato – e gli chiesero direttamente: «Sei il Figlio di Dio?» si sarebbe potuto risparmiare molto dolore e molta angoscia glissando sulla verità, ma fu sincero, costasse quel che costasse (Luca 22:66-71; Luca 23:1-3).
Perdonò. Dopo che lo frustarono, lo schernirono, gli sputarono addosso e lo trascinarono per le strade, lo inchiodarono a una croce, disse: «Padre, perdonali». Avrebbe potuto far scendere fuoco e fulmini dal cielo sui suoi tormentatori, maledirli per aver ferito il Figlio di Dio. Invece li perdonò, anche quando lo schernivano e lo ingiuriavano (Luca 23:34).
Fu altruista. Nonostante fosse agonizzante sulla croce, trovò il tempo di assicurarsi che si prendessero cura di sua madre. Trovò il tempo di ascoltare il ladro morente accanto a Lui e di rassicurarlo. Invece di pensare a se stesso e al suo dolore, pensò agli altri e al loro benessere (Luca 23:39-43; Giovanni 19:25-27).
Il modo in cui Gesù passò il suo ultimo giorno non fu diverso da come aveva vissuto tutta la vita. Quel giorno, come tutti i giorni, trovo opportunità di amare, dare, perdonare e dimostrare l’amore di suo Padre agli altri.
Gesù visse tutti i giorni come se fossero l’ultimo, perché onestà, umiltà, amore, perdono e bontà erano parte integrante della sua natura. Vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo significa dedicare tempo ed energia alle cose importanti, le cose che non sbiadiscono nel tempo ma durano per l’eternità.