Nella nostra serie sui frutti dello Spirito, abbiamo raggiunto l’ottavo frutto, che nell’originale greco è definito con la parola prautes, che a quanto pare è una parola particolarmente difficile da tradurre. Nei suoi commenti a Galati 5,22, il teologo scozzese William Barclay (1907–1978) si spinse fino a dire che “prautes è la parola meno traducibile di tutto il Nuovo Testamento”. Le sue traduzioni variano da “dolcezza” a “mitezza” a “mansuetudine”.
Mentre lavoravo a questo numero, ho compilato una definizione personale di questo concetto, così come ha senso per me. Eccola, in breve:
Sottomissione a Dio: Gesù è l’esempio perfetto di essere totalmente dedicato a compiere la volontà di Dio, a qualunque costo. Perfino di fronte al suo imminente arresto e alla sua esecuzione, Egli disse al Padre: “Non come voglio io, ma come vuoi Tu”.[Matteo 26,39.]
Mansuetudine significa non pensare mai di saperne abbastanza, o di essere troppo bravo o importante per imparare dagli altri.
Riguardo: Quando il fratello e la sorella di Mosè attaccarono la sua posizione di leader degli Israeliti, lui rimase tranquillo nei loro confronti e lasciò che fosse Dio a occuparsi della situazione. Anche dopo che Dio lo ebbe scagionato, la sua sola preoccupazione fu che Miriam fosse perdonata e guarita.[Vedi Numeri 12,1–16.]
La mansuetudine non si ritiene mai troppo importante ed è sempre tranquilla e cortese.
Rabbia contro l’ingiustizia: Aristotele definì prautes come il perfetto equilibrio tra l’arrabbiarsi senza motivo e il non arrabbiarsi del tutto.
La mansuetudine non porta mai odio, ma non è nemmeno rammollita. Consiste nell’arrabbiarsi al momento giusto, nella misura giusta e per il motivo giusto.
In questo numero troverete alcuni articoli che si riferiscono a tutti questi aspetti della mansuetudine. Vedete se riuscite a riconoscerli.