Quando leggiamo i racconti dei Vangeli sulla vita di Gesù, una cosa che diventa abbondantemente chiara è che Gesù dimostrò compassione per gli altri e insegnò che anche i suoi seguaci dovrebbero essere compassionevoli. Leggiamo la parabola del Samaritano che dimostrò compassione per uno straniero che era stato picchiato, curandogli le ferite, portandolo in una locanda dove potessero curarlo e pagando le spese di tasca sua (Luca 10:30-35).
Nella parabola del figliol prodigo, un giovane pretese dal padre la sua eredità – cosa che nel contesto di quei tempi era come dire: «Vorrei tu fossi morto» – e se ne andò di casa solo per dissiparla tutta. Al suo ritorno, leggiamo che «suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò» (Luca 15:11-32).
Durante il suo ministero, Gesù vide situazioni in cui le persone avevano bisogno, ebbe compassione di loro e fece qualcosa per aiutarle (Matteo 14:14). Il miracolo dei pani e dei pesci ne è un esempio, come racconta il Vangelo di Matteo:
«Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: “Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada”».
Quando i discepoli gli chiesero dove avrebbero potuto procurarsi, abbastanza pane per sfamare una folla così grande in un luogo deserto, Gesù disse loro di raccogliere quello che avevano – sette pani e pochi pesci. Poi li moltiplicò miracolosamente, così che più di quattromila persone mangiarono e furono saziate. (Matteo 15:32-38).
In un altro caso, nel Vangelo di Luca leggiamo che Gesù si avvicinò a una vedova distrutta dal dolore perché il suo unico figlio era morto e lo stavano portando alla sepoltura. «Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: “Non piangere!”». Poi disse al ragazzo di alzarsi e lo restituì alla madre. (Luca 7:12-15).
Durante la sua vita sulla terra, Gesù incarnò le qualità di suo Padre, tra le quali la compassione. Leggiamo della compassione di Dio in tutto il Vecchio Testamento: «Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso il Signore verso quelli che lo temono» (Salmi 103:13).
«L’Eterno consola il suo popolo e ha compassione dei suoi afflitti» (Isaia 49:13).
Compassione ed empatia sono parole molto usate in questi giorni, ma cos’è esattamente la compassione? I dizionari la definiscono come «un sentimento di profonda partecipazione e dolore per chi ha qualche tipo di sofferenza, unito al desiderio di fare qualcosa per alleviarla».
Una delle parole ebraiche dell’Antico Testamento che vengono tradotte con “compassione” è collegata al termine per “grembo” e indica la compassione di un genitore per un bambino inerme – un sentimento profondo che si manifesta in gesti di servizio altruista. È una parola generalmente usata in riferimento alla compassione divina come nel libro dell’Esodo, dove leggiamo: «L’Eterno, l’Eterno Dio, misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà» (Esodo 34:6).
Nel Nuovo Testamento una delle parole usata più spesso per compassione è collegata al termine greco usato per “viscere”, riferito alla sede delle emozioni umane. Trasmette l’idea di essere commossi nella parte più profonda dei propri sentimenti, causando poi gesti di bontà e misericordia. Un’altra parola, sympathes, trasmette il significato di “soffrire con” o “soffrire al fianco di”.
Avere compassione vuol dire provare un sentimento forte per la situazione o lo stato di una persona e fare qualcosa per cambiarli. Vuol dire migliorare la situazione di una persona bisognosa. Non è compassione se non si traduce in azione – che si tratti di una parola o un gesto gentile, una preghiera, il sostegno al dolore di una persona o comprensione o preoccupazione nei suoi confronti.
Può anche significare intraprendere un’azione mirata a cambiare la situazione o le circostanze. Potrebbe essere una protesta per cambiare una legge ingiusta e portare la giustizia sociale. Può significare dedicare tempo ed energia a nutrire gli affamati, aiutare gli orfani, visitare i malati o le persone a lutto, parlare ad altri del vangelo o aiutare in qualche modo chi ha bisogno.
La compassione è strettamente collegata all’empatia – la capacità di capire e condividere i sentimenti degli altri, di mettersi nei loro panni così da capire dal loro punto di vista quello che provano. In breve, la compassione fa parte dell’amore.
La Bibbia ci dice di rivestirci «come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza» (Colossesi 3:12). Ma come coltiviamo questo aspetto dell’amore? Un buon punto di partenza è riflettere sul comando di Gesù: «Ama il tuo prossimo come te stesso» (Matteo 22:39). Quando impariamo a metterci nei loro panni, essere gentili e compassionevoli nei loro confronti diventa più facile.
È utile anche riflettere sulla missione di Gesù. Lui vide persone bisognose – i ciechi, gli affamati, i malati, gli emarginati – e invece di guardare dall’altra parte e andarsene, le notò, si fermò e fece qualcosa. Nella nostra vita affaccendata è facile non notare chi è in difficoltà e ha bisogno e occuparci invece solo dei nostri bisogni, dei nostri problemi, delle nostre ansie e delle nostre paure, al punto di non vedere le persone che ci stanno intorno.
Un’altra cosa che può renderci più compassionevoli è diventare più consapevoli dell’amore del Signore per noi – ricordando che, anche se siamo immeritevoli, pieni di difetti e di peccati, Dio ha fatto qualcosa per noi, anche se gli è costato molto. Ha sacrificato il suo Figlio diletto per salvarci quando ne avevamo bisogno. Dio ci ha mostrato una compassione costosa; se ci ricordiamo regolarmente questo fatto, se lo lodiamo e ringraziamo, potremmo trovare più facile rispondere agli altri con il suo amore e la sua compassione (2 Corinzi 5:14-15).
Gesù ebbe compassione dei sofferenti, degli emarginati, dei poveri e dei bisognosi e insegnò ai suoi seguaci a fare lo stesso. Disse che ogni volta che sfamiamo gli affamati o diamo ospitalità a un estraneo o visitiamo i malati o i carcerati, lo facciamo a Lui (Matteo 25:37-40).
In confronto a Lui, potremmo pensare di non poter fare molto per aiutare gli altri visto che Gesù era Dio e poteva fare grandi miracoli. Ma dimostrare compassione nei confronti degli altri può sembrare un miracolo a una persona bisognosa. Un piccolo gesto di bontà può fare una differenza enorme nella sua vita e darle il coraggio di andare avanti.
Ricevere Gesù nel nostro cuore ed essere ripieni dello Spirito di Dio è la chiave per provare quel tipo di compassione per gli altri. Provare il suo amore mediante una comunione intima con Lui e riflettere sulla grazia e la bontà che ci dimostra ogni giorno ci rende più consapevoli del suo amore per noi. Quando facciamo esperienza della sua bontà, della sua misericordia, della sua generosità, della sua compassione e del suo amore incondizionato, possiamo incarnare meglio la sua compassione e bontà e lasciar fluire il suo amore sugli altri attraverso di noi.
Gesù servì compassionevolmente gli altri e, come suoi seguaci, anche noi dobbiamo essere compassionevoli.