Per molti di noi la morte è un argomento a cui non vogliamo nemmeno pensare, tanto meno ne vogliamo parlare. Tuttavia tutti dovremo attraversare quella porta, prima o poi, «perché sei polvere e in polvere ritornerai».1

Era la Vigilia di Natale del 2013 e c’eravamo ritrovati con parenti e amici per passare insieme le feste. Mentre salivo le scale, sono svenuta e sono caduta per alcuni gradini. Mio marito Richard e mio nipote Michael sono accorsi subito, mi hanno portato di sopra e mi hanno messo a letto.

La cosa strana di questa brusca svolta di eventi è che prima ero attiva, energica e piena di vigore e vitalità; facevo perfino regolari esercizi di yoga, ma a un certo punto, e inaspettatamente, la mia vita aveva imboccato una spirale discendente. A questo punto non avevamo idea di cosa fosse andato storto, ma un esame del sangue ha dimostrato che avevo l’epatite C. Avevamo lavorato all’estero come missionari per quarant’anni e l’occasione d’infezione più probabile che potessimo ricordare era un’operazione al piede che avevo subito circa trent’anni prima e che aveva richiesto una trasfusione di sangue.

Nei mesi successivi mi hanno trasportato tre volte di corsa nell’unità di terapia intensiva. I medici mi hanno fatto ogni analisi immaginabile, nel tentativo di salvarmi la vita, ma la situazione era drammatica. Quando sembrava si fosse persa ogni speranza, i medici si sono arresi e alla fine hanno consigliato a mio marito di portarmi a casa a morire in pace, circondata dai miei cari.

Mi ha portato a casa, certo, ma Richard non era il tipo da arrendersi. Insieme alla mia famiglia e ad amici di tutto il mondo ha pregato disperatamente giorno e notte per la mia guarigione. Sono sicura che il loro amore, la loro sollecitudine e le loro preghiere sono stati ingredienti chiave per la mia guarigione. Dio è ancora sul trono e la preghiera cambia le cose.

Non era la prima volta che mi ritrovavo vicina alla soglia dell’aldilà. Ero già stata due volte in questa dimensione un po’ surreale, dove percepivo i suoni come da lontano, quasi come un eco distante; la prima quando ero quasi annegata a tredici anni e la seconda quando ero rimasta in coma per quattro giorni. Mi ero sentita scivolare o portare via, come se un vuoto invisibile mi tirasse e mi risucchiasse. Sentendomi impotente e incapace di lottare, stavo perdendo le forze ed ero sicura che la mia vita stesse arrivando alla fine.

Questa terza esperienza è iniziata bruscamente, ma è stata molto più lenta. Ho pensato davvero che fosse la volta buona, che la mia vita fosse finita. Il mio stato di debolezza e confusione mi spingeva a chiedermi se davanti a questo appuntamento con la morte valesse la pena di continuare a lottare. Mi venivano in mente le parole dell’apostolo Paolo: «Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede».2

Avevo praticamente perso ogni speranza di guarigione e sentivo che, anche se mi fosse stato concesso più tempo, sarei stata condannata a una semplice sopravvivenza, prigioniera e intrappolata in un guscio, completamente indifesa e dipendente dagli altri per ogni cosa, compreso l’essere spinta in giro su una sedia a rotelle per il resto della mia vita.

Non avendo paura di morire e con la piena certezza che sarei andata in Cielo, mi sentivo pronta ad accettare il mio passaggio nell’aldilà. Ancora una volta, mi sono tornate in mente le parole di Paolo quando era in prigione: «Infatti per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”.3 Pur non essendo in prigione come lui, ero prigioniera della mia carne, intrappolata in un corpo quasi impotente, completamente dipendente dalle cure degli altri. La mia sensazione più intima e profonda era, come l’apostolo Paolo di essere «messa alle strette; da una parte desidero lasciare questa vita per essere con Cristo: quanto sarei più felice che restare qui».4

Proprio quando ero sul punto di arrendermi alla morte, Richard si è chinato e mi ha sussurrato teneramente all’orecchio: «Tesoro, ti amo». Anche se avevo sentito queste parole da lui innumerevoli volte nel corso degli anni, questa volta è stato come se un lampo accecante perforasse quel buio, come un luminoso faro di speranza unita all’amore. Mi sono anche resa conto di quanto Richard e gli altri avessero bisogno di me. In quel momento, sono stata rinvigorita da una forza e un coraggio nuovi, per superare e sconfiggere il dardo della morte.

Ogni mattina che vedo sorgere il sole, devo pizzicarmi per riconoscere d’essere sfuggita alla morte. «L’amore sicuro del Signore non finisce mai; le sue compassioni non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina; grande è la sua fedeltà».5 Ricordo costantemente a me stessa che ogni giorno è un regalo e nulla è scontato.

Sono molto grata che il mio appuntamento con la morte sia stato rinviato. «Io canterò per sempre la bontà del Signore; la mia bocca annuncerà la tua fedeltà di generazione in generazione».6 «Io loderò il Signore finché vivrò, canterò le lodi del mio Dio, finché esisterò».7

  1. Genesi 3,19
  2. 2 Timoteo 4,7
  3. Filippesi 1,21
  4. Filippesi 1,23 BdG
  5. Lamentazioni 3,22-23
  6. Salmi 89,1
  7. Salmi 146,2 NR