La stagione natalizia — indubbiamente il periodo dell’anno che preferisco — mi riporta molti ricordi indimenticabili. Fu in una mattina nevosa di dicembre, quando avevo sei anni, che la mia famiglia arrivò in volo negli USA dalle Filippine, dove eravamo stati come missionari negli anni precedenti. Era la prima volta che incontravo i miei nonni e anche la mia prima esperienza con la neve. A quindici anni passai il periodo di Natale a suonare la batteria in un complesso che era arrivato in Messico da Washington per tenere dei concerti di beneficenza. Mi divertii un sacco.

Ma i due Natali più memorabili li trascorsi nel 2002 e nel 2003 e sono collegati da una canzone semplice e dall’effetto che ha avuto sulla mia vita.

Il Natale del 2002 fu un’occasione particolarmente felice. Mia madre era stata dichiarata guarita dal cancro alcuni mesi prima e si sentiva molto meglio di quanto si sentisse da molto tempo. Un giorno di dicembre stava cucinando qualcosa in forno per una riunione il giorno successivo. La radio era accesa su una stazione che trasmetteva canti di Natale senza interruzione. Il repertorio era costituito per lo più da canzoni più leggere, come «Jingle Bells», «Santa Klaus arriva in città» e così via. Poi all’improvviso l’atmosfera cambiò drasticamente quando cominciarono a trasmettere una canzone che catturò la mia attenzione. Misi da parte quello che stavo facendo per ascoltare meglio. (In seguito scoprii che era intitolata «Le scarpe di Natale» ed era eseguita da Newsong.)

La canzone racconta la storia di un uomo che faceva la fila in un grande magazzino per terminare le sue compere dell’ultima ora. Davanti a lui c’era un bambino con in mano un paio di scarpe e con l’aria di essere fuori di posto lì. Quando venne il suo turno alla cassa, disse di voler comprare le scarpe per sua madre che era malata e non aveva ancora molto da vivere. Voleva che fosse bella se doveva incontrare Gesù quella notte. Il ragazzino mise sul banco tutti i soldi che aveva, ma il cassiere scosse la testa e gli disse che non bastava. Lui si voltò e guardò l’uomo con occhi imploranti. L’uomo in fila dietro di lui pagò la differenza e non poté dimenticare lo sguardo di gratitudine del bambino mentre si allontanava.

Mentre ascoltavo, cominciarono a scendermi le lacrime. Mi resi conto di com’ero fortunato ad avere ancora mia madre al mio fianco. Immaginavo come mi sarei sentito triste al posto di quel bambino che stava per perdere la mamma. La canzone mi restò in mente per tutto il resto della stagione natalizia e finì per svanire con l’inizio dell’anno nuovo.

Durante il 2003 il cancro di mia madre riapparve e lei ricominciò a peggiorare. Entro Natale era in una clinica e i medici ci avevano informato che l’unica cosa che potevano fare era cercare di farla felice fino alla fine. Un giorno ero in macchina con mio fratello per fare delle commissioni e stavamo ascoltando la radio. Improvvisamente trasmisero la stessa canzone, «Le scarpe di Natale». Questa volta sembrava molto più reale!

Commossi dalla canzone, mio fratello ed io portammo immediatamente a mia madre un paio di scarpe, che le calzavano a perfezione; erano belle e le fecero molto piacere. Ci lasciò (almeno fisicamente) solo poche settimane dopo.

Oggi questa bella canzone mi aiuta a vedere più in là dell’aspetto caotico della stagione natalizia, con tutte le sue attività, i piani e i preparativi per le feste, le riunioni di famiglia e tutto il resto. Quando l’attività incessante minaccia di farmi impazzire e mi spinge alla frustrazione, sento la voce di mia madre che mi sussurra: Ricorda la canzone delle “Scarpe di Natale”.

Con questo ricordo, lo stress e la frustrazione spariscono e mi tornano in mente tutte le cose di cui posso essere grato. Penso alla mia famiglia e ai miei cari che sono ancora vivi e in gamba e ringrazio Dio anche per la mia vita e la mia salute. Dico una preghiera per le molte persone che passano momenti difficili in questo periodo, come il bambino della canzone, o come me e la mia famiglia nel 2003. Chiedo a Gesù di farmi incontrare alcune di queste persone e di darmi l’opportunità di consolarle. Spesso lo fa.

Il nervosismo che provo davanti a un impegno musicale a cui non mi sento pronto, l’irritazione che sento quando vengono trascurati dei dettagli importanti e tante altre preoccupazioni simili, tutto svanisce quando mi sforzo semplicemente di apprezzare il fatto che sono vivo e in grado di godermi un altro Natale.

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L’attenzione personale, la sensibilità e la cordialità umana, la mano tesa verso il nostro prossimo: queste sono le cose che rendono i nostri doni degni dello spirito del Natale. —Isabel Currier