La preghiera di San Francesco dice: «Maestro, fa’ che io non cerchi … di essere compreso, ma di comprendere». Non è sempre facile comprendere gli altri. Ogni persona ha contesti, esperienze, speranze e sogni diversi e ciò che ha senso per me potrebbe non averne per un altro.

Poiché siamo fatti tutti in modo tanto diverso, può essere piuttosto difficile capire perché le persone pensino e si comportino come fanno. Penso che la tendenza naturale sia pensare che gli altri siano come noi – o aspettarci che lo siano. Questo può farci saltare a delle conclusioni. Il problema è che spesso non riusciamo ad arrivare alle conclusioni giuste. Potrei supporre che ciò che una persona ha fatto o detto sia stupido, arrogante o scortese perché non capisco i loro motivi o le loro circostanze.

È molto facile fare supposizioni. È molto più difficile prendersi il tempo di considerare i motivi dietro alle azioni o agli atteggiamenti di una persona. Vuol dire che dobbiamo uscire dai nostri panni – impressioni, esperienze, preferenze – per metterci in quelli degli altri. Dobbiamo cercare deliberatamente di capire e andare oltre le supposizioni.

La Bibbia ci dice di «non giudicare»,1 ma quando sembra che qualcuno abbia torto, abbia idee diverse o si muova in circostanze diverse dalla nostra esperienza personale, può essere difficile vedere più in là. Troppo spesso, abbiamo la tendenza di etichettarlo prima ancora di provare a capirlo. Anche se sappiamo (tecnicamente) di non essere perfetti, ce lo dimentichiamo troppo spesso quando ci troviamo di fronte alle presunte imperfezioni degli altri.

Quando vedo un difetto in qualcuno, non penso quasi mai: Be’, nemmeno io sono perfetto. E se fossi perfetto? In quel caso avrei il diritto di giudicare? Non secondo la Bibbia: «Soltanto Dio che ha fatto questa legge può giudicare giustamente. Solo Dio ha il potere di salvare o distruggere. Che diritto hai tu di giudicare il tuo prossimo?».2

È esistita un’unica persona perfetta, Gesù. Se c’è qualcuno nella posizione di giudicare è Lui. Come si comportava con gli altri e con le loro cavolate? Che tipo di esempio ci ha lasciato di come comportarci con tutte quelle persone meno-che-perfette?

Quando Gesù incontrò la Samaritana al pozzo,3 ebbe un’ottima opportunità per mettere le cose in chiaro con lei. Il suo obiettivo, però, non era quello. Gesù non la giudicò; non la considerò irrecuperabile a priori. Trovò il tempo di risponderle. Vide tutto quello che era e che avrebbe potuto essere. Ovviamente Gesù la comprese abbastanza bene da poter comunicare con lei al suo livello, perché lei corse a parlare di Lui a tutta la città. Conosceva Gesù da nemmeno un giorno, ma si fidava di Lui quel che bastava ad additarlo come il Salvatore. Poiché Gesù l’aveva veramente capita, fu in grado di comunicare non solo con lei, ma con molti altri in quella città samaritana.

Quante volte giudichiamo le persone basandoci sul loro aspetto o sulle loro azioni, senza prima cercare di capire cosa le motivasse? Quante volte etichettiamo gli altri e poi li trattiamo secondo quelle etichette, senza mai fermarci ad ascoltare tutta la loro storia?

Chissà quali amicizie potremmo stringere o quali opportunità di diffondere il vangelo potremmo scoprire, se scegliessimo di amare e comprendere, invece di etichettare e fare supposizioni? Forse la persona che abbiamo etichettato ed evitato è a un punto della sua vita in cui potrebbe avere un bisogno disperato di una parola d’incoraggiamento o di un gesto d’amicizia. Dobbiamo lasciar perdere le etichette e le supposizioni prima di riuscire veramente a capire e stimare la persona per quel che è: un altro essere umano creato a immagine di Dio, una persona per cui Gesù morì sulla croce, qualcuno che ha bisogno del suo amore e della nostra comprensione.

O Signore, fa di me uno strumento della tua pace:
dove è odio, fa ch’io porti amore,
dove è offesa, ch’io porti il perdono,
dov’è discordia ch’io porti l’unione,
dov’è dubbio fa’ ch’io porti la fede,
dove è l’errore, ch’io porti la verità,
dove è la disperazione, ch’io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch’io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.
O Maestro, fa che io non cerchi tanto
essere compreso, quanto comprendere.
essere amato, quanto amare.
Poiché è dando, che si riceve.
Perdonando che si è perdonati.
Morendo che si risuscita a vita eterna.

  1. Matteo 7,1
  2. Giacomo 4,11-12 NLT
  3. Vedi Giovanni 4,4-42