Quando ci siamo lasciati alle spalle il 2020, molti di noi avevano la prospettiva di una stagione delle feste più buia e solitaria del solito, senza molti dei conforti e delle gioie che associamo alla celebrazione della nascita di Cristo. C’erano anche terribili incertezze sul futuro.
Che anno è stato! Mentre vi scrivo questo, anche se è impossibile predire il corso della pandemia del Covid-19 e delle sue nuove varianti, vediamo alcuni segnali incoraggianti, con la prospettiva di un giorno in cui il mondo avrà superato gli effetti peggiori di questo virus.
Allo stesso tempo non possiamo fare a meno di provare dolore per le famiglie e gli amici di tutti quelli che sono morti quest’anno, a molti dei quali è stata negata la possibilità di dare ai loro cari un ultimo saluto o una degna sepoltura. Le ineguaglianze del mondo si sono manifestate di nuovo, perché le morti e le difficoltà finanziarie si sono concentrate nei paesi, nelle città e nei quartieri meno preparati ad affrontarle. La ripresa economica, anche se benvenuta, si è dimostrata altrettanto ineguale.
È stato un anno durissimo per molti. Mentre si avvicina alla chiusura, forse ti viene in mente una domanda che il mondo si è posto da secoli: se Dio è onnipotente e ci ama, come dice la Bibbia, perché non fa qualcosa per alleviare il dolore e la sofferenza di tanta gente?
L’ha fatto. Ha mandato Gesù.
Dio condivide il nostro dolore. Comprende le nostre difficoltà e le nostre perdite. Anela ad abbracciarci, consolarci, guarirci, rassicurarci e darci sollievo. Aveva un desiderio così grande di aiutarci che mandò suo Figlio, in forma umana, a vivere tra di noi, a provare le nostre stesse difficoltà, rivelarci il suo cuore e offrirci un contatto personale diretto con il suo amore e la sua potenza. È sceso tra noi ed è nato in una stalla, bambino inerme e innocente, non per eliminare i nostri problemi, ma per darci i mezzi per superarli e uscirne migliori.
Per questo abbiamo un motivo di speranza questo Natale.