Una volta ho assistito con mia moglie a una versione teatrale di Canto di Natale, di Charles Dickens. Probabilmente conosci la storia del banchiere tirchio che si trasforma in un uomo gentile e generoso grazie all’intervento misterioso di tre spiriti che lo portano in un viaggio nel suo passato, presente e futuro. Mi ha sorpreso l’impatto che quella produzione teatrale ha avuto su di me e sul pubblico.
La storia nacque dal desiderio di Dickens di rendere la gente consapevole delle terribili condizioni degli operai inglesi della sua epoca. Comprendeva la loro situazione perché lui stesso era cresciuto in mezzo alla povertà e da bambino aveva lavorato in una fabbrica dodici ore al giorno. Sperava che questa storia contribuisse a migliorare la loro vita. In sei settimane Dickens scrisse questo racconto che ebbe immediatamente successo e divenne un classico.
Ruth Glancy, professoressa di letteratura inglese, ha commentato che la maggiore influenza del Canto di Natale fu nell’ispirare molti lettori ad aiutare i bisognosi. Grazie in parte a questa storia, l’organizzazione di cene natalizie per i poveri divenne una tradizione. Nel 1897 un impresario americano rimase così colpito da una sua lettura pubblica, che il giorno di Natale chiuse la sua fabbrica e inviò un tacchino a tutti i dipendenti. Agli inizi del ‘900, la regina di Norvegia mandò ai bambini zoppi di Londra dei regali con una nota che diceva: «Con affetto, da Tiny Tim». Lo scrittore G. K. Chesterton scrisse: «La bellezza e la benedizione della storia […] stanno nella grande fornace di vera felicità che emana da Scrooge e tutto ciò che lo circonda. […] Che quelle visioni di Natale abbiano convertito Scrooge o no, senz’altro convertono noi».
Qualche tempo fa ho letto di una trasformazione avvenuta a Natale, che ha un parallelismo con quella del Canto di Natale. È la storia di un bancario di nome George Manson, che si rinchiuse per errore nella camera blindata della sua banca la Vigilia di Natale. Quando finalmente poté uscire due giorni dopo, si rese conto che nessuno aveva sentito la sua mancanza. Per fortuna aveva riflettuto sulla propria vita e aveva deciso di fare dei cambiamenti positivi. All’interno del caveau c’è un biglietto scritto a mano che dice: «Amare le persone, essere indispensabili da qualche parte: questo è lo scopo della vita. Questo è il segreto della felicità».
Non c’è bisogno di ricevere la visita di fantasmi o di rimanere chiusi in una camera blindata per capire il vero significato del Natale. Dio ha amato il mondo così tanto da mandare il suo Figlio unigenito, Gesù, in quel primo Natale, per redimerci dalla morte e darci la vita eterna. In questo Natale condividiamo con gli altri l’amore che abbiamo ricevuto.