In uno dei capitoli della Bibbia con maggior forza e poesia, il capitolo 13 di I Corinzi, l’apostolo Paolo descrive il tipo di amore che i cristiani dovrebbero avere nei confronti di tutti: «L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non verrà mai meno».[1 Corinzi 13,4–8 NR.]
In cima alla lista troviamo la pazienza e penso che ciò sia significativo, perché amare liberamente e costantemente negli altri modi citati da Paolo richiede la volontà di perseverare. Non possiamo riservare il nostro amore a certe situazioni o a persone speciali, per poi tirarci indietro quando ci deludono. La pazienza è allo stesso tempo un requisito indispensabile e un aspetto fondamentale della vita cristiana.
La parola greca qui tradotta con “paziente” significa anche “tollerante”, o “pieno di sopportazione”, cioè “con la capacità di sopportare con pazienza, di esercitare a lungo la pazienza”.
Come possiamo trovare in noi stessi la capacità di continuare a dimostrare amore a qualcuno che ha ferito noi o altri? Una cosa che può servire è dargli il beneficio del dubbio, come pure ricordarsi che anche noi abbiamo ferito altri per sconsideratezza, per sbaglio, o per scelte sbagliate. Ma il modo più sicuro che io conosca, lo troviamo in un’altra traduzione dello stesso passo: nella versione CEI, la frase «non addebita il male» è resa con «non tiene conto del male ricevuto». Le ferite sono reali e la loro guarigione richiede tempo, ma se resistiamo alla tentazione più che umana di continuare a rigiudicarle nel tribunale della nostra mente, se scegliamo invece di perdonare e dimenticare, Dio ci dà l’amore e la grazia per sopportare fino in fondo. E tutti vincono.