Alcuni dicono che la felicità dipenda da noi. Più tempo passo con un certo mio amico, più mi convinco che è vero.
Quattro anni fa era un commerciante di successo. Un giorno uno dei suoi impiegati ebbe un esaurimento nervoso e si presentò al lavoro con un fucile da caccia, deciso a far fuori più persone possibile. Nel tentativo di disarmarlo, il mio amico perse una mano e un occhio. Quando uscì dall’ospedale alcune settimane dopo, aveva dato fondo a tutti i suoi risparmi. Lo conobbi insieme a mia moglie quando cominciammo a lavorare come volontari nel rifugio per senzatetto dove viveva. A quel punto si era anche ammalato di Parkinson e aveva un cancro alla pelle allo stadio terminale. Faceva fatica a camminare o ad alzarsi dalla sedia da solo, ma era una delle persone più allegre e ottimiste che abbia mai incontrato.
Da allora si è trasferito dal rifugio a un appartamento, dove sopravvive con una piccola pensione. Due interventi chirurgici hanno bloccato il cancro prima che potesse diffondersi, e medicine e terapie lo stanno aiutando a tenere a bada il Parkinson. Ci sono ancora dei giorni, però, in cui riesce a fare poche cose da solo. Accompagnarlo alle visite mediche e a fare la spesa è stata un’esperienza che mi ha insegnato molto. Qualsiasi cosa faccia e nonostante tutte le difficoltà che incontra, ha un obiettivo segreto: condividere un sorriso con tutti. E ci riesce sempre. Impara il nome di tutti, lo usa quando li saluta e se lo ricorda la volta dopo. Trova mille opportunità di incoraggiare la gente e non risparmia complimenti. Ha sempre qualche scusa per prendersi in giro da solo.
Molte persone, nella sua posizione, incolperebbero Dio o proverebbero rancore, ma non lui: «Non è quello il modo di vivere… ed io ho ancora un sacco di anni davanti» – mi ha detto.
La felicità dipende da noi.