Il sapore che preferisco è l’aspro — caramelle aspre, sottaceti, qualsiasi cosa con limone — l’adoro! Alcuni potrebbero preferire il dolce o il salato — o l’ultimo arrivato, l’umami — ma un sapore fondamentale che non mi sembra sia il preferito di tanti è l’amaro. Non mi sorprende. Anzi, la parola che ho sentito usare di più per definire il sapore amaro è “sgradevole”.

Sembra avere senso che il termine “amaro” sia usato anche per descrivere il restare attaccati a risentimento e rabbia. Una volta ho letto un articolo che parlava di due tipi di amarezza.

Il primo è nei riguardi di Dio. Questo tipo di amarezza può nascere da situazioni in cui non si capisce perché è successo qualcosa di brutto: la perdita di una persona cara, un disastro naturale o qualsiasi cosa possa sembrare ingiusta. Ci arrabbiamo con Dio per averlo consentito; abbiamo l’idea che non abbia ascoltato le nostre preghiere — o che non gliene importi niente.

Il secondo è nei riguardi degli altri. Forse qualcuno ci ha trattato scorrettamente, ha compiuto un’azione disonesta o ha sparlato di noi alle nostre spalle. Pensiamo che non potremo mai perdonarli e che, anche se potessimo, non se lo meritano e certamente non sarebbe giusto.

L’ultimo tipo — che non sempre ci rendiamo conto essere una forma di amarezza — è quella nei confronti di noi stessi. Magari sappiamo nel nostro cuore che Dio ci ha perdonato per qualche errore che abbiamo fatto, ma noi non riusciamo a perdonarci e rimaniamo legati a quel sentimento negativo.

Penso che tutti in qualche momento provino amarezza nei confronti di qualcuno. Tutti rimangono feriti ed è difficile gestire persone e situazioni difficili. Il segreto sta nel modo in cui si gestiscono quelle ferite.

Ebrei 12,5 dice: «[Badate] bene che nessuno rimanga privo della grazia di Dio e che non spunti alcuna radice di amarezza che vi dia molestia». L’amarezza può farci perdere la grazia che Dio desidera darci. Come nell’esempio della radice, all’inizio è difficile notare l’amarezza, ma quando quell’“erbaccia” spunta, se ne vedranno i sintomi. Se continuiamo a lasciarla crescere senza sradicarla, può impadronirsi della nostra vita.

In Matteo 18, Pietro chiese a Gesù quante volte avrebbe dovuto perdonare — magari sette volte sarebbero bastate. Forse Pietro aveva già subito sei torti e pensava di averne avuto a sufficienza. Gesù rispose che bisogna farlo settanta volte sette, poi ha aggiunto la parabola del servitore spietato.

Nella parabola, un re vuole mettere in ordine i suoi conti, così chiede ai suoi servitori di restituirgli il denaro che gli devono. Si scopre che uno di loro ha un debito di diecimila talenti — circa duecentomila anni di stipendio! Non era in grado di pagare, quindi il re decretò, in accordo con le prassi legali romane di quei tempi, che sua moglie, i suoi figli e tutti i suoi beni fossero venduti per pagare il debito.

Quando però il servitore cadde in ginocchio e implorò: «Abbi pazienza con me e ti restituirò tutto!», il re s’impietosì, cancellò il debito e lo lasciò andare. Non so cosa faresti tu se avessi un debito incredibilmente mostruoso come quello e la tua famiglia e la tua vita fossero risparmiati, ma c’era qualcosa di profondamente sbagliato in quel servitore. Dopo aver lasciato il re, incontrò un uomo che gli doveva cento denari — un debito seicentomila volte inferiore a quello che gli era stato appena perdonato. Gli saltò addosso e cominciò a strozzarlo esigendo la restituzione immediata della somma dovuta.

Il debitore cadde in ginocchio e implorò: «Sii paziente con me e ti restituirò tutto», ma il servo lo fece buttare in prigione.

Quando il re lo venne a sapere, convocò di nuovo il servitore e lo sgridò, dicendo che avrebbe dovuto avere per gli altri la stessa compassione che era stata dimostrata a lui. Poi lo fece buttare in prigione fino al completo pagamento dei debiti. Gesù concluse con un’affermazione piuttosto pesante: «Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».1

Una bella motivazione! Ovviamente non è sempre facile far scomparire, come dice la Bibbia, «ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria! Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo».2 Ma Dio lo sa e promette che ci aiuterà a perdonare, se glielo chiederemo.3

Una volta ho visto una divertente illustrazione di due persone anziane. Una era una donna di buon cuore, sempre pronta ad aiutare gli altri e a perdonare. Aveva un aspetto allegro, vivace e robusto per la sua età. L’altro era un uomo che vedeva sempre il peggio nelle persone, brontolava in continuazione e non riusciva a perdonare. Sembrava meschino e più vecchio della sua età. La didascalia era: «Alcune persone si conservano bene. Altre inacidiscono».

Tu che tipo sei?


  1. Matteo 18,35 CEI
  2. Efesini 4,31-32 NR
  3. Vedi Filippesi 4,13