Il carcerato stava dettando una lettera per alcuni dei suoi amici più cari, distanti centinaia di chilometri in un altro paese. Raccontò loro che era in catene – molto probabilmente legato al suo carceriere, come si usava a quei tempi. Ironicamente, era già stato in carcere in un’altra città in cui vivevano i suoi amici.[Vedi Atti 16,12-40.] In quell’occasione era stato picchiato e imprigionato nella cella di sicurezza di quella città – illegalmente, come si scoprì in seguito. Era considerato un ateo[Uno dei reati ascritti ai primi Cristiani era l’ateismo, perché negavano l’esistenza di altri dei all’infuori dell’unico vero Dio.] e un fomentatore di disordini; ed era ben noto alle autorità di diversi luoghi dell’impero, ben liete di toglierlo dalle strade ogni volta che potevano.

Era sempre stato così. Una volta era stato uno strenuo difensore della legge. Era stato perfino un vigilante ufficialmente autorizzato a sbarazzarsi dei criminali nella sua zona – uomini, donne e bambini.[Vedi Atti 9,1–2.] Era un compito che gli piaceva. Ma quello era stato molto tempo prima. Adesso era dall’altra parte della barricata e i suoi ex colleghi erano corresponsabili della sua incarcerazione.

L’apostolo Paolo sapeva che la sua vita era in pericolo. Per lui si trattava di vita o di morte – sembrava che non ci fossero altre soluzioni. Era stato agli arresti domiciliari per un po’, ma adesso i suoi nuovi carcerieri, tratti dalla Guarda Pretoriana,[Vedi Filippesi 1,13–14.] erano particolarmente duri. In ogni caso, le ruote della giustizia romana giravano molto lentamente. I suoi cari amici a Filippi erano preoccupati per lui e gli mandavano del denaro per il suo sostentamento. Alcuni erano vecchi legionari che sapevano come funzionava il sistema romano, com’era duro e spesso ingiusto. Così Paolo stava scrivendo loro per rassicurarli che Dio aveva tutto sotto controllo.

I Filippesi erano tra i suoi discepoli preferiti, a quanto sembra. Scriveva loro lettere dolci e incoraggianti, invitandoli a vedere il lato positivo. Se era il suo momento di morire, sarebbe andato con il Signore; se fosse stato liberato, anche quello sarebbe andato bene, perché sarebbe andato di nuovo a trovarli. Diceva che non sapeva decidersi cosa sarebbe stato meglio.[Vedi Filippesi 1,22.] Aveva messo tutto nelle mani di Dio e ora si sentiva in pace. Le sue sono parole immortali che risuonano nel cuore di tutti i credenti:

Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi. La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. …

Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.

Quindi, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e viste in me, fatele; e il Dio della pace sarà con voi.[Filippesi 4,4–9.]

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Passalo ad altri

Credo che Dio voglia incoraggiare la gente, ma spesso ha bisogno di noi per farlo. E, che tu ci creda o no, noi abbiamo ciò di cui gli altri hanno bisogno. Abbiamo lo Spirito di Dio e le sue parole d’amore! La nostra vita può essere influente grazie alla potenza delle nostre parole. Non devono essere profonde né eloquenti, solo parole semplici che vengono incontro al bisogno di amore, speranza, significato o conforto di una persona.

Se ti sembra di non avere tempo, energia, esperienza, o di avere poco da dare, non preoccuparti; siamo in tanti a sentirci così. Ma tutti possiamo dare qualcosa con le nostre parole d’incoraggiamento. Grazie a esse la nostra vita può avere influenza e possiamo diffondere l’amore divino dovunque andiamo. In cinque minuti o meno possiamo fare la differenza a una fermata d’autobus, in metropolitana, in un negozio, al lavoro, a scuola, online, facendo una passeggiata e via di seguito.

C’è una domanda che possiamo farci: «Che cosa posso dire a questa persona, che in qualche modo la possa aiutare? Per sollevare il suo spirito, allietare la sua giornata, farla sentire apprezzata, stimata e meritevole, farla stare bene, farle sentire che quello che fa è importante?» Poi chiediamo al Signore di aiutarci ad avere la fede di dire quello che Lui ci mette nel cuore.